
Il perno centrale su cui DuckDuckGo impronta la sua identità, ruota sulla tutela della privacy dei
suoi utenti: in sostanza, DuckDuckGo promette di non registrare alcuna
informazione, nemmeno l’IP, e di utilizzare cookies solo qualora sia
strettamente necessario. Questa peculiarità, oltre ad essere apprezzata
da chi non vuole tracciare le proprie ricerche, evita anche che il
motore di ricerca restituisca risultati ad hoc, sulla base delle
ricerche precedenti, dando priorità all’uno o all’altro risultato,
tenendo conto dei passati click, proprio come fa Google.
Un
esempio pratico? Immaginiamo di digitare spesso su Google la parola
“scarpe” e di scegliere frequentemente link che rimandano alle scarpe
col tacco. In una successiva ricerca, “scarpe da sposa”, Google ci
proporrà come primo risultato le scarpe da sposa col tacco, basandosi
sulle precedenti ricerche; DuckDuckGo no, proprio perché non tiene traccia delle nostre ricerche.
Da
un lato questo può essere uno svantaggio, poiché potremmo imbatterci in
scarpe che non rispecchiano le nostre esigenze, dall’altro però avremmo
un variegato mondo di scelte a nostra disposizione.
Quando facciamo click sui link da Google o Bing anche in modalità incognito
le voci di ricerca vengono inviate al sito che visitiamo nell’HTTP
della stringa URL. Quando si apre una pagina, il dispositivo condivide
automaticamente certe informazioni, come appunto l’indirizzo IP, che può
essere utilizzato per identificarci.
DuckDuckGo è diverso: impedisce che questo
tracciamento si verifichi e lo elimina dalle impostazioni predefinite
nei risultati di ricerca. Qui i siti sanno che li abbiamo visitati, ma
non con quale chiave di ricerca, e non possono accedere a informazioni
personali per identificarci e offrirci servizi e pubblicità.
C’è anche una versione crittografata di DuckDuckGo
che modifica in automatico i collegamenti ad alcuni siti, come Facebook,
Wikipedia, Twitter, Amazon, per passare alle versioni crittografate.