lunedì 28 agosto 2017

Linguaggio 2.0 Come nascono le emoticon

Due punti, un trattino e una parentesi. Aperta o chiusa. Quando il 19 settembre 1982 Scott Fahlman, informatico e professore alla Carnegie Mellon's School of Computer Science, mette insieme questi pochi simboli per creare le prime emoticon, le classiche :-) e :-( non pensava certo che avrebbe rivoluzionato il modo di comunicare di milioni di persone. Il suo unico obiettivo era distinguere i messaggi seri da quelli scherzosi e ironici all'interno dei bulletin boards — gli antenati delle newsletter e delle mail — con cui lui e i suoi colleghi si scambiavano messaggi. 

«Dovevo trovare un modo perché tutti capissero immediatamente se si parlava di lavoro o si faceva una battuta — racconta l'informatico americano — allora ho guardato la tastiera. I due punti potevano diventare due occhi, il trattino un naso e la parentesi una bocca». Dopo l'idea, arriva la definizione: emoticon fonde le due parole inglesi «emotion» e «icon». «Ma — continua Fahlman — il mio intento non era quello di creare un linguaggio per esprimere emozioni. L'evoluzione in effetti era inevitabile: in poco tempo la faccina sorridente ha assunto una connotazione di gioia mentre quella corrucciata il significato di tristezza».

All'inizio il gruppo era molto piccolo. Non c'era internet ma Arpanet, una rete che collegava una dozzina di università, il governo americano e i laboratori di ricerca. Poi il network si è allargato sempre più. E le emoticon sono diventate un vero e proprio linguaggio universale. «Ogni volta che qualcuno di nuovo si presentava — continua Fahlman — utilizzava le faccine. Finché il fenomeno è esploso negli anni 90 quando i computer sono arrivate nelle case. Non erano più solo ricercatori, ma persone normali». Un'invenzione per cui Fahlman impiega dieci minuti ma che ha scatenato un fenomeno mondiale. Lo racconta lui stesso al Wired Next Fest di Firenze, di domani e domenica, il primo nel capoluogo toscano dopo le quattro edizioni milanesi. 
 
Con la rivoluzione digitale — e il miglioramento delle interfacce grafiche — anche le emoticon vengono gettate nel calderone dell'elettronica per riemergere in una versione 2.0 e con un nuovo nome. Dagli Usa al Giappone, le prime 176 emoji sono state disegnate nel 1999 da Shigetaka Kurita, un dipendente di una società di telecomunicazioni nipponica. Si ispira ai manga, ai caratteri cinesi e ai segnali stradali per creare icone di 12x12 pixel. Molto semplici e stilizzate in confronto a quelle moderne. E anche molto originali: ci sono cinque fasi lunari, due tipi di ombrelli e un cavallo a dondolo. 

La parola emoji nasce dall'incastro delle parole giapponesi che significano «immagine» e «carattere scritto». è il linguaggio che è cresciuto più velocemente nella storia. Dopo le prime icone ideate da Kurita, l'introduzione della tastiera composta da immagini sui dispositivi Apple ha decretato il loro successo. Da Facebook a Samsung, ognuno ha adottato il nuovo linguaggio. Oggi gli utenti possono scegliere tra oltre 1.800 immagini. Decidere il colore della pelle, il sesso e il lavoro dei piccoli omini stilizzati. Inviare cuori di ogni genere e stile, così come oggetti, cibi, bevande. Una emoji — quella che rappresenta una faccia che ride fino alle lacrime — è stata persino eletta a parola dell'anno dall'Oxford Dictionary nel 2015. Ed è anche quella più utilizzata in tutto il mondo. La spiegazione: «è ciò che riflette meglio l'ethos, l'umore e le preoccupazioni». 


Ma non a tutti piacciono: «Non uso le emoji, le trovo orrende — spiega Fahlman —. Preferisco le grafiche. Lì c'era della creatività: serve fantasia per trasformare la punteggiatura in espressioni del volto. Sarò vecchio, ma non vedo niente di originale in quei cerchi gialli con dentro una faccia. è un computer a crearle».
L'informatico estende il ragionamento a tutta la punteggiatura: «Per me la prima emoticon è il punto esclamativo. Un buon scrittore riesce ad usare tutti gli strumenti che ha a disposizione per creare significato. Ogni pezzo di testo può esprimere un'emozione». 

Oltre alle due originali, Fahlman dichiara di utilizzare spesso anche la «winking face» ;-) e a volte anche quella che fa la linguaccia :-P. Dopo secoli di parola scritta, sembra che l'immagine stia di nuovo prendendo il sopravvento. E riguardo al futuro, Fahlman dice: «Sono sorpreso che ancora si utilizzino. Ora basterebbe mandare un selfie per comunicare le nostre emozioni. è diventata quasi una dipendenza. Ma c'è un limite alla diffusione delle emoticon e delle emoji. L'immagine non può sostituire la parola scritta. O magari finiremo per scrivere trattati internazionali con le faccine. Speriamo di no».


lunedì 21 agosto 2017

Emoticon il nuovo linguaggio del futuro ?

Non è un linguaggio, ma è plausibile che si possa trasformare in qualcosa di simile, come è successo con il cinese. Le immagini possono assumere un particolare significato in una particolare cultura. 

L'esempio della melanzana (🍆) forse è il più conosciuto, visto che nella cultura americana ha assunto un significato particolare, che non è condiviso da quello di molte altre culture”. Davis fa riferimento al fatto che negli Stati Uniti il simbolo della melanzana viene spesso usato per indicare il pene, vista la forma con cui è stato reso il simbolo (soprattutto nella versione degli emoji di Apple). 
 
 
Le differenti interpretazioni degli emoji, spesso dovute a tradizioni e culture diverse, sono uno degli aspetti che affascina di più gli studiosi del linguaggio e gli antropologi. Il simbolo delle due mani giunte (🙏) è tra i più contesi e dibattuti, in parte a causa dell'ambiguità della grafica usata per rappresentarlo nei vari sistemi operativi. Nella sua versione originale, derivata dalla cultura giapponese, indica il gesto che si fa con le mani giunte accennando un inchino per pregare o ringraziare qualcuno. Molti, soprattutto in Occidente, l'hanno interpretato in modo diverso concludendo che si tratti della mano di una persona che dà il cinque a un'altra.

Le interpretazioni diverse da quelle intese in origine dall'Unicode Consortium sono molte. Questo emoji 😤 rappresenta per esempio qualcuno che esulta e non una persona arrabbiata, quest'altro 😦 una faccia corrucciata e non triste, e questo 🙀 non dovrebbe servire per mostrare di avere appena appreso qualcosa di scioccante, ma solo per comunicare stanchezza. 

Per un consorzio dedicato esclusivamente alla tutela degli standard non deve essere semplice accettare che, con l'uso, i simboli approvati assumano significati diversi in seguito alla loro interpretazione, ma è un processo inevitabile quando ci sono in gioco le sensibilità dei singoli e schemi culturali che si sono sovrapposti e consolidati nelle varie parti del mondo. 🖖

lunedì 14 agosto 2017

Posso creare la mia Emoji (Emoticon Personale)

Chi vuole proporre l'adozione di un nuovo emoji – di solito aziende di Internet, sviluppatori o semplici gruppi di persone – deve sottoporre la sua proposta all'Unicode Consortium, seguendo una procedura molto lunga e tortuosa che può richiedere anni prima di portare a qualcosa. 

Parte delle lungaggini è dovuta ai passaggi burocratici, ma il motivo centrale è che prima di approvare un nuovo simbolo standard devono essere fatte molte valutazioni sulla sua opportunità, sulla praticità e sulla possibilità che sia reso dai vari sistemi informatici senza problemi tecnici. Per questo motivo i responsabili del consorzio sono sempre molto cauti e in media approvano tra i 60 e i 70 nuovi emoji ogni anno. 
 
L'Unicode Consortium, inoltre, non disegna direttamente gli emoji: quando ne approva uno nuovo fornisce ai produttori di sistemi operativi un abbozzo con una descrizione, sulla base della quale ogni sviluppatore realizzerà il suo simbolo mantenendo la coerenza grafica con quelli che aveva creato in precedenza. 


lunedì 7 agosto 2017

Come nascono le Emoji (Emoticon)

Il sistema di codifica Unicode fu realizzato verso la fine degli anni Ottanta per sviluppare un codice comune per la rappresentazione delle lettere e dei simboli in informatica. Prima della sua introduzione non era sempre facile far dialogare tra loro i programmi, perché ogni software adottava codici diversi per rappresentare la stessa lettera: questo portava a seri problemi di compatibilità, con la necessità di realizzare soluzioni che traducessero una codifica in un'altra. Per risolvere il problema fu ideato il sistema Unicode: ogni lettera, numero, simbolo o segno di interpunzione ha un codice univoco che viene usato da tutti i computer per riconoscerlo e renderlo sullo schermo. 

Emoji
Fino a qualche anno fa l'Unicode Consortium non riceveva particolari attenzioni: le sue riunioni decidevano aspetti molto tecnici e talvolta difficili da capire per i meno esperti di informatica. Secondo diversi osservatori, il consorzio ha avuto una deriva pop da quando si occupa con regolarità dell'approvazione dei nuovi emoji, utilizzati da un numero crescente di persone per comunicare rapidamente uno stato d'animo o un'idea soprattutto attraverso gli smartphone.


Gli emoji sono simboli grafici utilizzati già da diverso tempo in Giappone: la parola che li definisce deriva proprio dal giapponese e comprende i concetti di “immagine” e di “lettera”. Si sono diffusi negli altri paesi soprattutto a partire dal 2011, quando Apple li ha inseriti all'interno della tastiera virtuale di iOS, il sistema operativo degli iPhone e degli iPad. Nei due anni seguenti gli emoji sono stati via via introdotti su diverse versioni di Android, contribuendo ulteriormente al loro successo. I principali social network come Facebook e Twitter li hanno integrati all'interno dei loro sistemi, dopo essersi resi conto del crescente utilizzo da parte dei loro iscritti.


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