giovedì 28 settembre 2017

Cos’è un cookie ?

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giovedì 21 settembre 2017

Vantaggi del DROPSHIPPING

Dopo aver spiegato cos'è il dropshipping, vediamo brevemente i principali vantaggi che ci sono lavorando in dropshipping.
  • Ovviamente, ti risparmi la gestione dello stock. Però ciò era già chiaro nei paragrafi precedenti! Ciò porta, e non può essere il contrario, ad un importante risparmio economico (il che riduce il tuo rischio di perdite nel caso in cui l'attività non vada bene). Non gestendo stock, non dovrai investire in immagazzinamento né in manutenzione. “Questa è la parte più attraente del dropshipping”, afferma Salvador Esteve. “Ti permette di dedicarti a vendere e a produrre il massimo guadagno senza preoccuparti di aspetti logistici”.

  • Avviare la tua attività è più semplice e rapida che mai: ti costerà solo ciò che costa aprire il tuo negozio online. Inoltre, se affidi a qualcun altro la sua creazione, puoi avere il tuo e-commerce pronto in meno tempo di ciò che pensavi. Il fornitore dropshipping si incaricherà di tutto. “Il tuo fornitore deve diventare il tuo operatore logistico globale, con tutto ciò che esso implica”, dice Esteve. “Deve gestire tutta la merce in magazzino, registrare l'ordine, fare il picking, preparare il pacco da inviare e organizzarsi con le aziende di trasporto rispettive di ogni zona”. “Su BigBuy inoltre, forniamo ai nostri distributori sul proprio pannello di controllo, tutte le informazioni sullo stato dell'ordine. Può effettuare il monitoraggio di ognuno degli ordini con il numero di tracking corrispondente e ricevono l'assistenza post-vendita nel caso in cui abbiano bisogno di consultazione sulla consegna”.
  • Il non doverti preoccupare dell'immagazzinamento e dell'invio ti lascia molto tempo per ciò che è davvero importante per un e-commerce: vendere. Delegando il lavoro ad un grossista dropshipping ti potrai dedicare ad attirare la maggiore quantità di traffico qualificato possibile al tuo negozio, e a potenziare l'acquisto di quei prodotti che in modo molto accurato hai messo a loro disposizione. Potrai dedicare le tue risorse, sia economiche che a livello di tempo, a far arrivare il tuo e-commerce dove deve arrivare.

  • Avere un venditore all'ingrosso dropshipping ti permette di offrire un catalogo molto ampio, che difficilmente potresti avere se lavori per conto tuo. Inoltre, sarà costantemente aggiornato, senza che tu debba preoccuparti di lui. “Su BigBuy abbiamo oltre 21.000 riferimenti e siamo in costante ricerca di nuovi articoli da offrire”, dice Esteve.

  • La tua attività sarà scalabile al 100%. In un'attività tradizionale, la scalabilità potrebbe sembrare limitata per piccole cose come può essere la grandezza del tuo locale. Per poter crescere, il proprietario dovrà cercare un nuovo spazio, con i costi che ciò comporta (e non parliamo solo di affitto. Nel caso in cui si cambi zona, dovranno lanciare una campagna pubblicitaria per far conoscere la sua nuova sede, e questo non è gratis). E, anche un e-commerce che non lavora con dropshipping è scalabile molto più facilmente di uno fisico, la vera differenza la fa lavorare in dropshipping. Questo modello di distribuzione ti permette di poter portare al tuo negozio tutto il traffico che vuoi, senza rischiare di vendere troppo e non riuscire a gestirlo. Il fornitore dropshipping si occuperà di far arrivare in tempo tutti i tuoi ordini e a nome tuo.
 

giovedì 14 settembre 2017

Come funziona il DROPSHIPPING

Fondamentalmente, il dropshipping consiste in quanto segue:
il consumatore finale compra un prodotto su un negozio online e il distributore riceve l'ordine. Una volta fatto, è lo stesso fornitore DropShipping che invia al consumatore il prodotto.

Affinché non ci siano dubbi su cos'è il dropshipping e come funziona, facciamo l'esempio di un caso pratico:
  1. Jack vuole comprare un profumo via Internet e vuole che gli venga inviato a casa. Cerca su Google “profumo Armani uomo”, trova in negozio online chiamato “Perfumería Amélie” e decide di comprarlo lì. Realizza il pagamento e comunica le sue informazioni di spedizione.
  2. Marta, proprietaria della Perfumería Amélie, riceve l'ordine da Jack. Lei lavora con BigBuy, quindi non deve inviare niente. Semplicemente accede al sito di BigBuy e fa un ordine del profumo di Giorgio Armani, comprandolo ad un prezzo ridotto all'ingrosso.
  3. Quando BigBuy riceve l'ordine, lo confeziona in un packaging su cui appare come mittente il nome e l'indirizzo della Perfumería Amélie. Una volta pronto, lo invia direttamente a Jack.
  4. Jack riceve il suo profumo in tempo, senza sapere che BigBuy è stato coinvolto nell'invio. Lascia una recensione positiva alla Perfumería Amélie e gliela consiglia alla sua ragazza e alla sua famiglia per comprare lì i loro profumi.
  5. Marta ha un nuovo cliente soddisfatto e ottiene come guadagno la differenza tra il prezzo all'ingrosso di BigBuy e il prezzo di vendita al pubblico cui ha venduto il profumo a Jack.
Fatto! Marta può dedicarsi a attirare il traffico e ad ottimizzare il suo negozio affinché venda il più possibile. Non deve preoccuparsi di immagazzinare prodotti, prepararli e inviarli. Questo è un buon metodo per spiegare cos'è il dropshipping e come funziona in termini generali.



giovedì 7 settembre 2017

Che cos'è il DROPSHIPPING

Il dropshipping è sostanzialmente un metodo di vendita orientato alla minimizzazione dei costi.

La logica che gli sta dietro è abbastanza semplice: quando arriva un ordine al mio negozio, io lo inoltro al mio fornitore e lo faccio spedire direttamente a casa del mio cliente, senza dover avere nulla nel magazzino.

Questo meccanismo può funzionare solamente online, però, se operato nel modo opportuno, consente di evitare gli investimenti che una qualunque attività di vendita al dettaglio richiede: avere un magazzino, stoccare la merce necessaria, avere a che fare con gli articoli invenduti, etc.

Ecco, il dropshipping sta prendendo piede proprio perché la gestione del business è molto più snella e richiede soltanto conoscenze di marketing oltre a un investimento davvero minimo, di cui avremo tempo e modo di parlare dopo magari.

lunedì 28 agosto 2017

Linguaggio 2.0 Come nascono le emoticon

Due punti, un trattino e una parentesi. Aperta o chiusa. Quando il 19 settembre 1982 Scott Fahlman, informatico e professore alla Carnegie Mellon's School of Computer Science, mette insieme questi pochi simboli per creare le prime emoticon, le classiche :-) e :-( non pensava certo che avrebbe rivoluzionato il modo di comunicare di milioni di persone. Il suo unico obiettivo era distinguere i messaggi seri da quelli scherzosi e ironici all'interno dei bulletin boards — gli antenati delle newsletter e delle mail — con cui lui e i suoi colleghi si scambiavano messaggi. 

«Dovevo trovare un modo perché tutti capissero immediatamente se si parlava di lavoro o si faceva una battuta — racconta l'informatico americano — allora ho guardato la tastiera. I due punti potevano diventare due occhi, il trattino un naso e la parentesi una bocca». Dopo l'idea, arriva la definizione: emoticon fonde le due parole inglesi «emotion» e «icon». «Ma — continua Fahlman — il mio intento non era quello di creare un linguaggio per esprimere emozioni. L'evoluzione in effetti era inevitabile: in poco tempo la faccina sorridente ha assunto una connotazione di gioia mentre quella corrucciata il significato di tristezza».

All'inizio il gruppo era molto piccolo. Non c'era internet ma Arpanet, una rete che collegava una dozzina di università, il governo americano e i laboratori di ricerca. Poi il network si è allargato sempre più. E le emoticon sono diventate un vero e proprio linguaggio universale. «Ogni volta che qualcuno di nuovo si presentava — continua Fahlman — utilizzava le faccine. Finché il fenomeno è esploso negli anni 90 quando i computer sono arrivate nelle case. Non erano più solo ricercatori, ma persone normali». Un'invenzione per cui Fahlman impiega dieci minuti ma che ha scatenato un fenomeno mondiale. Lo racconta lui stesso al Wired Next Fest di Firenze, di domani e domenica, il primo nel capoluogo toscano dopo le quattro edizioni milanesi. 
 
Con la rivoluzione digitale — e il miglioramento delle interfacce grafiche — anche le emoticon vengono gettate nel calderone dell'elettronica per riemergere in una versione 2.0 e con un nuovo nome. Dagli Usa al Giappone, le prime 176 emoji sono state disegnate nel 1999 da Shigetaka Kurita, un dipendente di una società di telecomunicazioni nipponica. Si ispira ai manga, ai caratteri cinesi e ai segnali stradali per creare icone di 12x12 pixel. Molto semplici e stilizzate in confronto a quelle moderne. E anche molto originali: ci sono cinque fasi lunari, due tipi di ombrelli e un cavallo a dondolo. 

La parola emoji nasce dall'incastro delle parole giapponesi che significano «immagine» e «carattere scritto». è il linguaggio che è cresciuto più velocemente nella storia. Dopo le prime icone ideate da Kurita, l'introduzione della tastiera composta da immagini sui dispositivi Apple ha decretato il loro successo. Da Facebook a Samsung, ognuno ha adottato il nuovo linguaggio. Oggi gli utenti possono scegliere tra oltre 1.800 immagini. Decidere il colore della pelle, il sesso e il lavoro dei piccoli omini stilizzati. Inviare cuori di ogni genere e stile, così come oggetti, cibi, bevande. Una emoji — quella che rappresenta una faccia che ride fino alle lacrime — è stata persino eletta a parola dell'anno dall'Oxford Dictionary nel 2015. Ed è anche quella più utilizzata in tutto il mondo. La spiegazione: «è ciò che riflette meglio l'ethos, l'umore e le preoccupazioni». 


Ma non a tutti piacciono: «Non uso le emoji, le trovo orrende — spiega Fahlman —. Preferisco le grafiche. Lì c'era della creatività: serve fantasia per trasformare la punteggiatura in espressioni del volto. Sarò vecchio, ma non vedo niente di originale in quei cerchi gialli con dentro una faccia. è un computer a crearle».
L'informatico estende il ragionamento a tutta la punteggiatura: «Per me la prima emoticon è il punto esclamativo. Un buon scrittore riesce ad usare tutti gli strumenti che ha a disposizione per creare significato. Ogni pezzo di testo può esprimere un'emozione». 

Oltre alle due originali, Fahlman dichiara di utilizzare spesso anche la «winking face» ;-) e a volte anche quella che fa la linguaccia :-P. Dopo secoli di parola scritta, sembra che l'immagine stia di nuovo prendendo il sopravvento. E riguardo al futuro, Fahlman dice: «Sono sorpreso che ancora si utilizzino. Ora basterebbe mandare un selfie per comunicare le nostre emozioni. è diventata quasi una dipendenza. Ma c'è un limite alla diffusione delle emoticon e delle emoji. L'immagine non può sostituire la parola scritta. O magari finiremo per scrivere trattati internazionali con le faccine. Speriamo di no».


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